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Conte e Draghi: la peste e il vaiolo

Nel 1978 Michel Foucault tenne il suo corso al Collège de France di Parigi sul tema “Sicurezza, territorio, popolazione”. Riguardava un tassello del suo percorso sulla genealogia e l’analitica del potere nel quale ha utilizzato degli interessantissimi esempi sul modo in cui, nel passato, si sono gestite tre emergenze sanitarie: la lebbra, la peste e il vaiolo. Tre modi diversi di affrontare queste emergenze sanitarie presi come esempi di tre diversi esercizi del potere. Gli ultimi due esempi, quelli relativi alla peste e al vaiolo, trovano, secondo me, delle curiose analogie con gli ultimi due governi che abbiamo avuto in Italia, quello Conte e quello Draghi, nel loro modo di affrontare la pandemia da coronavirus.

Nel primo esempio, quello relativo al modo di affrontare il contagio dalla lebbra nel medioevo, Foucault dice che si è utilizzata una tipologia di potere molto semplice di azione-reazione: ad ogni reato si applica una sanzione, ad ogni lebbroso accertato si applica l’allontanamento. Un potere diretto, semplice, lineare, prevedibile.

Nell’epoca della peste, invece, cioè in epoca moderna, il potere ha utilizzato metodi completamente diversi per affrontare il contagio. Gli strumenti messi in atto dal potere moderno sono quelli che oggi conosciamo molto bene: circoscrivere un territorio o una città colpiti dalla peste e sottometterli ad una regolamentazione speciale che indichi agli abitanti se, come e quando possono uscire, i comportamenti da seguire in casa, l’alimentazione da osservare, il divieto di contatti, l’obbligo di presentarsi davanti agli ispettori e di far ispezionare la loro dimora. Insomma un tipico potere di tipo disciplinare.

In epoca più recente, invece, cioè nel periodo della lotta al vaiolo e le relative pratiche di vaccinazione, o come si chiamava allora, inoculazione a partire dal XVIII secolo fino agli anni ’80 del XX secolo quando il virus del vaiolo è stato definitivamente eliminato dalla circolazione, si è posta in atto una nuova forma di potere. Dice Foucault che adesso «non si tratta di imporre una disciplina, anche se la disciplina sarà chiamata in causa, ma di sapere quante persone sono affette dal vaiolo, a che età, con quali effetti, con quale mortalità, con quali lesioni o postumi, con quali rischi derivanti dall’inoculazione, con quale probabilità di morte o di infezione malgrado l’inoculazione, con quali effetti statistici sulla popolazione in generale. Il problema insomma non è l’esclusione come nel caso della lebbra, né la quarantena come nel caso della peste, ma riguarda le epidemie e le campagne mediche grazie alle quali si cerca di arrestare i fenomeni sia endemici sia epidemici».

Secondo Foucault la lotta al vaiolo rappresenta un nuovo modo di esercizio del potere, che lui chiama “biopotere”, non più rivolto verso i singoli corpi delle persone che vengono o allontanate o recluse, ma rivolto verso la “popolazione” che diventa il nuovo oggetto politico dell’esercizio del potere. A differenza della nazione, o dell’insieme dei cittadini di uno Stato, la popolazione ha un’estensione arbitraria, è l’oggetto di studio di una nuova scienza nata proprio nel XVIII secolo e diventata oggi imperante: la statistica. La statistica non si occupa delle singole persone ma della popolazione, verso la quale misura estensione, regolarità, percentuali e probabilità.

La statistica è stata per decenni un ramo della scienza economica (gli studi e la professione di Mario Draghi), più esattamente della politica economica, cioè del modo con cui gli “stati” governano i loro cittadini (è per questo che è stata chiamata “statistica”). Come dimenticare le analisi del reverendo Malthus e le sue politiche economiche rivolte nei confronti della popolazione: se le risorse economiche non crescono più della popolazione sarà necessario far diminuire la popolazione stessa, magari utilizzando guerre oppure epidemie, certo non vanno usate politiche assistenziali nei confronti dei poveri che creano solo inutile sovrappopolamento. Per fortuna gli economisti dopo Malthus hanno scoperto la crescita economica e non è stato più necessario regolare la popolazione in base alle risorse ma accrescere le risorse in base all’aumento della popolazione. Poi si è pensato bene che la popolazione potesse crescere non solo in modo quantitativo ma anche in modo qualitativo stabilendo il potere stesso quale fosse la qualità della vita migliore. Ed è qui che arriviamo all’esercizio del biopotere del XX secolo, con il suo consumismo di massa e la cultura dello scarto.

Ed oggi? Vi invito a leggere i discorsi che il nuovo presidente del consiglio ha fatto nei due rami del parlamento per la richiesta della fiducia, che sono i discorsi programmatici del governo, alla luce del biopotere. Molta economia, anche nella gestione della vaccinazione, secondo la logica statistica che da qualche decennio è tornata a lavorare a braccetto con l’economia. Se alla scienza economica togli una visione ideale anche minima, magari legata all’uguaglianza oppure all’esercizio della libertà individuale, la scienza economica diventa un ramo della statistica. Quello che ci dobbiamo aspettare nel prossimo futuro è una popolazione in sicurezza economico-sanitaria, con la sua percentuale di malati accettabile, con la sua percentuale di poveri, di ignoranti, di scuole fatiscenti, di ospedali mal funzionanti, di precariato e giovani disoccupati, tutto statisticamente accettabile. È il biopotere, baby!

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